domenica 25 marzo 2007

cinquant'anni d'Europa

"L'Europa è stata per secoli una idea, una speranza di pace e comprensione. Questa speranza ha trovato conferma. L'unità europea ci ha portato pace e benessere. Ci ha donato affinità e ci ha fatto superare contrasti. Ogni paese membro ha contribuito a riunificare l'Europa e a rafforzare democrazia e stato di diritto. Dobbiamo ringraziare l'amore per la libertà dei popoli dell'Europa centro orientale se oggi è stata definitivamente superata la divisione innaturale dell'Europa. Con l'unità europea abbiamo tratto le lezioni dalle sanguinose contrapposizioni e dalla storia piena di sofferenze. Oggi noi viviamo insieme come mai era stato possibile prima", si legge nel preambolo della Dichiarazione, che si conclude con la frase: "Noi cittadine e cittadini dell'Unione europea siamo uniti nella nostra fortuna". Questa è la parte iniziale del testo approvato dai 27 capi di stato stamani a Berlino. Oggi si festeggia, nel vecchio continente i 50 anni dai trattati di Roma, una data importante, che deve portare a riflettere i paesi membri sulle priorità da intraprendere nei prossimi mesi, come la costituzione europea ed un ampliamento del trattato di Shengen. Come deve far riflettere quel “No” di Olanda e Francia, che ha impedito il rilancio dell'Unione sfavorendo la fortificazione delle istituzioni. La prossima data da inserire sul calendario è il giugno del 2009, con le elezioni europee.

Giorgio Napolitano in un intervista al tg1, dice che lo conquiste dell'Europa sono state la pace e l'abbattimento delle frontiere, la circolazione della moneta unica ed il trattato di Maastricht. Oltre a questo, il grande sviluppo economico che hanno avuti i paesi membri, non si sarebbe mai verificato senza la costruzione dell'Unione.

Al quirinale si è organizzata una grande mostra d'arte con ventisette opere, ognuna mandata da un capo di stato europeo, la Francia ha mandato il pensatore di Rodin, simbolo del pensiero e del pensare. La pausa di riflessione si è conclusa, dice Napolitano, ma continuare nell'atteggiamento di Rodin è giusto, per far uscire, come è indispensabile ,l'Europa dal punto morto istituzionale da cui si trova. Speriamo si continui ad agire, affrontando problemi seri dei paesi.



sabato 24 marzo 2007

Fosse Ardentine - 24 marzo 1944

Il massacro delle fosse ardeatine è l'eccidio compiuto dalle truppe naziste ai danni di 320 romani, come rappresaglia ad un attentato compiuto dai partigiani in via Rasella a Roma. Per occultare i cadaveri italiani, si usarono le "fosse ardeatine" , antiche cave di pozzolana site nei pressi della via Ardeatina, come luogo di esecuzione e di occultamento.
Hitler appresa la notizia della morte dei soldati tedeschi, decise che dovessero essere uccisi dieci italiani per ogni nazista morto. Gli italiani assassinati furono prelevati sopratutto dal carcere di regina Coeli, dove erano detenuti membri della restistenza, prigionieri comuni ed ebrei. L'ordine di esecuzione riguardò 320 persone, poiché inizialmente erano morti 32 soldati tedeschi. Durante la notte successiva all'attacco di via Rasella morì un altro soldato tedesco e Kappler, di sua iniziativa, decise di uccidere altre 10 persone. Erroneamente furono aggiunte 5 persone in più ed i tedeschi, per eliminare scomodi testimoni, uccisero anche loro.
I tedeschi,dopo aver compiuto l'atroce massacro, infierendo con tale rabbia sulle povere vittime, fecero esplodere numerose mine, per far crollare le cave ove si svolse il massacro e nascondere o meglio rendere più difficoltosa la scoperta di tale eccidio. Nel dopoguerra, Kappler venne processato e condannato all'ergastolo da un tribunale italiano e rinchiuso in carcere.
Molti dei massacrati italiani non hanno ancora un nome.


La primavera hitleriana - Eugenio Montale


Né quella ch'a veder lo sol si gira....
DANTE (?) a Giovanni Quirini

Folta la nuvola bianca delle falene impazzite
turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,
stende a terra una coltre su cui scricchia
come su zucchero il piede; l'estate imminente sprigiona
ora il gelo notturno che capiva
nelle cave segrete della stagione morta,
negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai.

Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale
tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso
e pavesato di croci a uncino l'ha preso e inghiottito,
si sono chiuse le vetrine, povere
e inoffensive benché armate anch'esse
di cannoni e giocattoli di guerra,
ha sprangato il beccaio che infiorava
di bacche il muso dei capretti uccisi,
la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue
s'è tramutata in un sozzo trescone d'ali schiantate,
di larve sulle golene, e l'acqua séguita a rodere
le sponde e più nessuno è incolpevole.

Tutto per nulla, dunque? - e le candele
romane, a San Giovanni, che sbiancavano lente
l'orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii
forti come un battesimo nella lugubre attesa
dell'orda (ma una gemma rigò l'aria stillando
sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi
gli angeli di Tobia, i sette, la semina
dell'avvenire) e gli eliotropi nati
dalle tue mani - tutto arso e succhiato
da un polline che stride come il fuoco
e ha punte di sinibbio....
Oh la piagata
primavera è pur festa se raggela
in morte questa morte! Guarda ancora
in alto, Clizia, è la tua sorte, tu
che il non mutato amor mutata serbi,
fino a che il cieco sole che in te porti
si abbàcini nell'Altro e si distrugga
in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi
che salutano i mostri nella sera
della loro tregenda, si confondono già
col suono che slegato dal cielo, scende, vince -
col respiro di un'alba che domani per tutti
si riaffacci, bianca ma senz'ali
di raccapriccio, ai greti arsi del sud...




*alcune parti di questo scritto sono state prese da it.wikipedia.org , per esser certi dell'esattezza dei fatti.

L'arca - Eugenio Montale



La tempesta di primavera ha sconvolto
l'ombrello del salice,
al turbine d'aprile
s'è impigliato nell'orto il vello d'oro
che nasconde i miei morti,
i miei cani fidati, le mie vecchie
serve - quanti da allora
(quando il salce era biondo e io ne stroncavo
le anella con la fionda) son calati,
vivi, nel trabocchetto. La tempesta
certo li riunirà sotto quel tetto
di prima, ma lontano, più lontano
di questa terra folgorata dove
bollono calce e sangue nell'impronta
del piede umano. Fuma il ramaiolo
in cucina, un suo tondo di riflessi
accentra i volti ossuti, i musi aguzzi
e li protegge in fondo la magnolia
se un soffio ve la getta. La tempesta
primaverile scuote d'un latrato
di fedeltà la mia arca, o perduti.

lunedì 5 marzo 2007

Ti regalerò una rosa - Simone Cristicchi


Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare

E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

Mi chiamo Antonio e sono matto
Sono nato nel ’54 e vivo qui da quando ero bambino
Credevo di parlare col demonio
Così mi hanno chiuso quarant’anni dentro a un manicomio
Ti scrivo questa lettera perché non so parlare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E mi stupisco se provo ancora un’emozione
Ma la colpa è della mano che non smette di tremare

Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L’accordo dissonante di un’orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Mi fabbrico la neve col polistirolo
La mia patologia è che son rimasto solo
Ora prendete un telescopio… misurate le distanze
E guardate tra me e voi… chi è più pericoloso?

Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto
Ritagliando un angolo che fosse solo il nostro
Ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
Non come le cartelle cliniche stipate negli archivi
Dei miei ricordi sarai l’ultimo a sfumare
Eri come un angelo legato ad un termosifone
Nonostante tutto io ti aspetto ancora
E se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita son vent’anni che ti aspetto
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un’emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare


E' lui il vincitore, se lo merita. Finalmente una canzone impegnata, una canzone sentita dalle persone perchè si parla troppo poco di questo tema o forse si parla troppo di altro.

alè

domenica 4 marzo 2007

cento anni di Altiero Spinelli

Il 2007 può considerarsi come l'anno dell'Europa. Primo perché sono 50 anni dai trattati di Roma, quelli che fondarono l'unione Europea, abolirono le dogane, permisero la libera circolazione delle merci e delle persone nei paesi fondatori. Soprattuto, in quei trattati, si istituiva un parlamento, delle istituzioni. Negli ideali dei fondatori, c'era la volontà di diminuire la sovranità nazionale e cercare strategie condivise per governare, ma ancora oggi, dopo che Francia e Olanda hanno bocciato la costituzione europea, questo obbiettivo è lontano.

Il 2007 è l'anno dell'Europa anche perché si festeggiano i 100 anni dalla nascita di Altiero Spinelli, il padre fondatore per eccellenza.

Coraggioso ed audace inseguitore dei suoi ideali, Spinelli nasce a Roma nell'agosto del 1907, suo padre era un socialista convinto e cresce in questa mentalità. Nell'epoca fascista fu un oppositore forte del regime anche perché si iscrive ai giovani comunisti. Per questo viene arrestato e resta in prigione per 10 anni. In questo periodo matura un idea nuova di comunismo e socialismo, rimanendo sempre antifascista non condivide gli ideali di Stalin. Per questo viene allontanato dal partito. Dopo gli anni di prigionia viene mandato in esilio a Ventotene per altri sei anni dove scrive un famoso saggio sulla nascita dell'Unione Europea, il “manifesto di Ventotene” . Lo dovette scrivere sulla carta da sigarette per sfuggire ai controlli della polizia.


La civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio della libertà, secondo il quale l'uomo non deve essere un mero strumento altrui ma un autonomo centro di vita. Con questo codice alla mano si è venuto imbastendo un grandioso processo storico a tutti gli aspetti della vita sociale, che non lo rispettassero” (Altiero Spinelli)


Finita la seconda guerra mondiale, Spinelli si rese conto che l'unica possibilità per uscire dalla miseria è mettersi insieme. Già nel suo manifesto ipotizza che il federalismo tra gli stati non implica la rinuncia totale della sovranità nazionale, come pensavano molti. Per Spinelli, già oltre cinquanta anni fa, bisognava arrivare ad un atto costituzionale facendo partecipare il popolo europeo.


Il 14 febbraio 1984 dice alla commissione europea che il suo è solamente un lavoro cominciato e che, come tale deve esser portato a termine :


Giunto alla fine di un capitolo e all'inizio di un nuovo capitolo che probabilmente sarà portato a termine da altri, e riflettendo sul lavoro che ho cercato di fare qui, devo dire che, se le idee contenute in questo testo e nella risoluzione non fossero esistite nella mente della grande maggioranza di questo Parlamento, non sarei mai riuscito a mettervele. Mi sono limitato ad esercitare, come Socrate, l'arte della maieutica. Sono stato l'ostetrica che ha aiutato il Parlamento a dare alla luce questo bambino. Adesso bisogna farlo vivere.”


Sulla scena europea, è membro della Commissione della Comunità europea dal 1970 al 1976. È inoltre deputato del Parlamento europeo dal 1976 alla sua morte, avvenuta a Roma il 23 maggio 1986.

Nel 1993, una delle due ali dell'edifico che ospita il parlamento europeo a Bruxelles, fu dedicata a Spinelli in omaggio alla sua vita spesa per costruire l'edificio della comunità europea. L'altra ala dell'edificio è intitolata a Paul-Henri Spaak. La costruzione è comunemente conosciuta con la sigla ASP (Altiero SPinelli).